“Quest’ordine è già stato eseguito”. L’eccidio delle Fosse Ardeatine

24 marzo 1944, la furia nazista si abbatte su Roma: 335 vittime innocenti uccise alle Fosse Ardeatine

La foto che vediamo in apertura proviene dal  Bundesarchiv ed è stata scattata da un fotografo della Wehrmacht durante i rastrellamenti subito dopo l’attentato di via Rasella. Siamo in via delle Quattro Fontane, a pochi metri da via Rasella. Alcune delle persone bloccate al muro furono certamente tra le vittime delle Fosse Ardeatine.

Erano quasi le 16 del 23 marzo 1944 quando alcuni esponenti dei Gruppi di Azione Patriottica, tra i quali Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Rosario Bentivegna e Carla Capponi, lanciano quattro bombe contro una colonna di Polizeiregiment Bozen, delle forze di occupazione nazista. Morirono 33 soldati e due civili italiani.

Per ogni soldato caduto i tedeschi uccisero dieci italiani. Non erano passate nemmeno 24 ore quando i nazisti eseguirono la loro rappresaglia.

Resistere a Roma, un documentario di Giuseppe Ferrara, 1966

Quest ordine è già stato eseguito“. Con queste parole si conclude il comunicato dell’Agenzia Stefani che compare il 25 marzo del 1944 sul Messaggero di Roma. È l’annuncio dell’eccidio perpetrato dalle forze di occupazione naziste alle Fosse Ardeatine in risposta all’attentato del giorno prima in via Rasella. Come si legge sempre sul quotidiano romano, dieci “comunisti badogliani” per ogni tedesco ucciso. Per la verità furono massacrati civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni. Il pochissimo lasso di tempo intercorso tra l’attacco di via Rasella e l’eccidio delle Ardeatine è la dimostrazione che i tedeschi non presero mai in considerazione l’ipotesi di sospendere il massacro di vittime innocenti in cambio della consegna dei responsabili dell’azione del giorno precedente.

Palazzo della Sapienza: il generale tedesco Von Mackensen condannato a morte al termine del processo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, 1946

 

In archivio troviamo alcuni importanti documenti del Fondo Combat film tra i quali quelli relativi alla fucilazione del Prefetto Pietro Caruso, con l’accusa, tra le altre, di aver fornito ai tedeschi una lista di persone da fucilare dopo l’attentato di via Rasella.

Accanto a queste ci sono le immagini del processo contro i responsabili dell’eccidio che si concluse con la condanna di Herbert Kappler e quelle della varie cerimonie che si svolsero nel dopoguerra per ricordare quello che fu uno degli episodi più efferati di cui si resero responsabili i tedeschi occupanti.

Le foto del 1976 che vediamo nella galleria fanno parte di un fondo non ancora catalogato, il Masterphoto. Ci mostrano momenti della mobilitazione contro la sentenza che aveva concesso a Herbert Kappler gli arresti domicialiari, sentenza che, proprio in seguito alle manifestazioni dei giorni che seguirono, venne annullata. Kappler rimase nell’ospedale militare del Celio, da cui riuscì però ad evadere pochi mesi più tardi.