EventiLa rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977Dal 14 Luglio al 2 Ottobre 2022CAMERA Centro Italiano per la fotografia 14 luglio – 02 ottobre 2022 La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977Dal 14 Luglio al 2 Ottobre 2022infoCAMERA – Centro Italiano per la Fotografia Via delle Rosine 18, 10123 – TorinoIndicazioniorariOrari di apertura fino al 31 agosto (Ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura) Lunedì/Martedì Chiuso Mercoledì 11.00 – 19.00 Giovedì 11.00 – 19.00 Venerdì 11.00 – 19.00 Sabato 11.00 – 19.00 Domenica 11.00 – 19.00L’arte in Italia negli anni Sessanta e Settanta, le performance, le installazioni, la vivacità artistica e intellettuale di un periodo storico unico che ha acceso i riflettori internazionali sulle sperimentazioni avvenute nel nostro Paese e dato lustro ai moti creativi di artisti come Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Joseph Beuys, Marina Abramovic e molti altri.CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia continua il percorso di valorizzazione del ruolo della fotografia tra i grandi linguaggi del Novecento, in particolare nel suo rapporto con le più importanti correnti artistiche del XX secolo. Dopo la grande mostra dei capolavori del MoMA, CAMERA DOPPIA offre due percorsi paralleli, dedicati alla fotografia e all’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta, un periodo straordinariamente ricco di stimoli visivi, intellettuali e sociali.La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977 a cura di Ludovico Pratesi e Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975 a cura di Raffaella Perna e Monica Poggi sono le due grandi mostre, una collettiva e una personale, a CAMERA dal 14 luglio al 2 ottobre 2022, che raccontano il clima di quegli anni tra sperimentazione, ricerca e invenzione di nuove forme artistiche. Protagonisti sono gli artisti, i loro volti e i loro corpi: la fotografia è la testimonianza, ad esempio, della nascita dell’Arte Povera a Torino – uno dei movimenti più importanti della seconda metà del secolo – o delle grandi manifestazioni che trasformano le mostre in eventi imprevedibili che coinvolgono intere comunità, come nel caso della storica mostra tenutasi ad Amalfi nel 1968: anni rivoluzionari in ogni ambito, che la fotografia racconta attraverso scatti divenuti iconici.Se la mostra La rivoluzione siamo noi disegna un percorso dell’arte in Italia attraverso gli scatti dei fotografi che in quegli anni hanno documentato eventi cruciali come le performance nelle gallerie Sperone e Tucci Russo a Torino, L’Attico a Roma, Lucio Amelio e Studio Morra a Napoli, oltre alla grandi e leggendarie mostre internazionali come Arte povera più Azioni povere, Vitalità del Negativo e Contemporanea, la personale dedicata a Ketty La Rocca indaga in particolare il rapporto fra fotografia e parola, fra gesto e linguaggio. Attraverso una rielaborazione di immagini iconiche, come quella che ritrae Fidel Castro, o le cartoline dell’Archivio Alinari, l’artista reinterpreta con la propria calligrafia la storia della fotografia del Novecento in una chiave personale. Il mito del viaggio, esploso negli anni Sessanta in seguito al boom economico, viene invece capovolto in chiave ironica con i cartelli stradali della performance Approdo, in una commistione fra arte e vita che caratterizza tutta la produzione di una delle principali figure dell’arte italiana del Novecento.Due mostre diverse accomunate da un’unica azione, quella del “fotovivere”, neologismo creato da Ketty La Rocca che può estendersi a tutte le manifestazioni artistiche del periodo, rese eterne dalla presenza della fotografia.La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977La mostra La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977, curata da Ludovico Pratesi e organizzata e promossa da Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con CAMERA, si propone di raccontare l’evoluzione dell’arte in Italia dal 1967 al 1977, attraverso una ricca documentazione fotografica realizzata da fotografi del calibro di Claudio Abate, Mimmo Jodice, Paolo Pellion, Paolo Mussat Sartor, Bruno Manconi e Fabio Donato, offrendo uno sguardo diretto e partecipato su eventi che hanno ridefinito i canoni dell’arte contemporanea internazionale.In quel periodo, sulla spinta delle contestazioni del ’68, l’arte esce dalle gallerie e dai musei per entrare a contatto con la vita quotidiana, spesso con opere strettamente collegate ai profondi cambiamenti sociali e politici in atto, che si concretizzano anche nelle continue e sempre più frequenti contaminazioni con il teatro, il cinema, la letteratura e la poesia.Artisti come Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Alighiero Boetti e Jannis Kounellis sperimentano nuovi linguaggi come performance, installazioni e happening, in relazione con la scena internazionale. L’arte esce dalla cornice del quadro per invadere il mondo, entrare nelle strade e nelle piazze, nei garage e nei parcheggi sotterranei, in un incredibile intreccio con la realtà e la vita quotidiana, sia individuale che collettiva, dell’epoca. I galleristi e i critici italiani aprono le porte agli artisti internazionali più estremi, come Joseph Beuys, Hermann Nitsch, Marina Abramovic, che trovano nel nostro paese occasioni di sperimentare linguaggi visionari e provocatori con grande libertà.In questo frangente storico la fotografia diventa indispensabile per raccontare e documentare pratiche altrimenti effimere. Attraverso 150 immagini provenienti dagli archivi delle gallerie e dei fotografi che parteciparono a questi eventi, ritraendo mostre, performance, dibattiti e azioni, la mostra descrive l’evoluzione di una scena internazionale che vede l’Italia al centro della cultura artistica del tempo. Paolo Mussat Sartor e Paolo Pellion raccontano l’avventura dell’Arte Povera a Torino, nelle gallerie Sperone, Tucci Russo e Christian Stein. Claudio Abate documenta la scena artistica della capitale, con le mostre e le azioni alla galleria L’Attico e le rassegne Vitalità del Negativo del 1971 e Contemporanea, allestita nel parcheggio sotterraneo di Villa Borghese nel 1973, con la partecipazione di artisti internazionali europei e americani, da George Segal a Robert Rauschenberg, da Ben Vautier a Christo. A Napoli – dove agisce uno dei maggiori fotografi italiani della seconda metà del secolo, Mimmo Jodice, presente in mostra – la Modern Art Agency di Lucio Amelio ospita le performance dell’artista sciamano Joseph Beuys, mentre lo Studio Morra propone le performance di Marina Abramovic ed Hermann Nitsch, giocate sul rapporto tra corpo, violenza e sacrificio. Un percorso per immagini attraverso tre città italiane aperte all’avanguardia, che scandiscono il ritmo del percorso di mostra, attraverso fotografie in grado di farci scoprire e capire il grande fermento culturale di questi anni.Un altro importante tassello nella programmazione di CAMERA: le due mostre dell’estate torinese fanno risplendere quella stagione di vivacità artistica, gli anni Sessanta e Settanta, che ha portato l’arte italiana alla ribalta sulla scena internazionale. E lo fanno attraverso la lente di fotografi che hanno accompagnato, e sono stati parte integrante, di quel fermento culturale unico. Ancora una volta, CAMERA costruisce progetti di mostre attivando rapporti, collaborazioni e sinergie con istituzioni nazionali, come Archivio Luce Cinecittà, confermandosi così quale interlocutore attivo sulla scena della fotografia e della cultura italiana.Emanuele Chieli, presidente di CAMERALe due mostre, nella loro coerenza storica e tematica, aprono uno spaccato sulla ricchezza di un periodo storico nel quale la fotografia gioca un ruolo centrale, dimostrandosi ancora una volta un linguaggio in grado di documentare e interpretare le differenti istanze dell’arte e della vita. Per CAMERA si tratta di una nuova tappa nel percorso di presentazione della fotografia a 360 gradi, in tutte le sue manifestazioni: documentazione, memoria, arte. I mille volti e le mille anime della fotografia trovano negli spazi di via delle Rosine a Torino il loro luogo di elezione, dove si incrociano piacere dell’occhio e stimoli per la mente.Walter Guadagnini, direttore di CAMERALe magnifiche immagini di questa mostra prodotta dall’Archivio Luce, recano dei valori singolari, che ne fanno una summa preziosa. Sono un documento storico inestimabile, una fonte d’archivio che ci racconta un momento epocale per l’arte in Italia, e nel mondo. Ma oltre che documento, sono una trasmittente di energia: come in un big bang, i gesti, le azioni, le provocazioni dei protagonisti ritratti, riescono dopo 50 anni a darci ancora il senso di quell’esplosione creativa.Infine, queste foto sono, semplicemente, delle opere d’arte. Non solo ci parlano di grandissimi artisti, ma sono esse stesse forme e tagli di tempo in cui lo sguardo si perde e gioisce. Per l’Archivio Luce è una gioia raccogliere e presentare gli scatti di “La rivoluzione siamo noi”, specchio di una memoria collettiva, di un momento in cui l’Italia è stata una centrale creativa internazionale.Significa fare immaginario, che è quello che il Luce fa ogni giorno. E ricordare – come recita il titolo della mostra – quanto ognuno di noi può essere veicolo di cambiamento.Enrico Bufalini, direttore Archivio LuceQuesta mostra è un’occasione per assistere in diretta alla nascita di tanti capolavori dei protagonisti dell’arte contemporanea internazionale degli ultimi sessant’anni, grazie agli scatti di fotografi del calibro di Paolo Mussat Sartor, Paolo Pellion di Persano, Claudio Abate, Fabio Donato, Mimmo Jodice e Bruno Manconi. Da osservatori partecipanti hanno documentato non solo mostre, azioni e performance, ma anche rari momenti di vita quotidiana, fondamentali per cogliere l’atmosfera irripetibile di quegli anni incandescenti, dove l’Italia era un laboratorio creativo frequentato da artisti come Jannis Kounellis, Andy Warhol, Joseph Beuys, Michelangelo Pistoletto, Alighiero Boetti, Giulio Paolini, Giuseppe Penone e molti altri.Ludovico Pratesi, curatore della mostra “La rivoluzione siamo noi”L’esposizione segue l’uscita di La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977, il documentario di Ilaria Freccia da un’idea di Ludovico Pratesi, prodotto dall’Istituto Luce-Cinecittà.Ad accompagnare la mostra, un volume in co-edizione Luce Archivio\Marsilio Arte. Claudio Abate Marisa e Mario Merz mentre realizzano l’Igloo di Giap (1968) Galleria L’Attico, Roma, 1969 Fabio Donato La rivoluzione siamo noi di Joseph Beuys Modern Art Agency, Napoli, 13 novembre 1971 Claudio Abate Installazione Sfere di Sergio Lombardo Biennale di Venezia, 1970 Fabio Donato Giuseppe Chiari, Concerto. Modern Art Agency 19 maggio 1972 Paolo Mussat Sartor Senza titolo di Jannis Kounellis Galleria Sperone, Torino, 1970 Paolo Mussat Sartor Particolare di Giovanni Anselmo Galleria Sperone, Torino, 1970 Claudio Abate Una mappa di Alighiero Boetti nella mostra Contemporanea Parcheggio di Villa Borghese, Roma, 1973 Paolo Mussat Sartor Michelangelo Pistoletto Torino, 1970 Fabio Donato Performance di Jannis Kounellis Modern Art Agency, Napoli, 21 dicembre 1969Percorso espositivoQuesta mostra nasce dal documentario La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977 (2021) con la regia di Ilaria Freccia e la consulenza storico-artistica di Ludovico Pratesi. Prodotto da Istituto Luce-Cinecittà, racconta in presa diretta la straordinaria stagione vissuta dal nostro paese in quel memorabile decennio tra il 1967 ed il 1977 attraverso una serie di materiali, molti dei quali inediti, reperiti attraverso lunghe ricerche in una trentina di archivi, pubblici e privati.Concepito come un viaggio cronologico e geografico attraverso tre città italiane (Torino , Roma e Napoli), il film illustra un periodo culturalmente dinamico e vitale, che ha messo l’Italia al centro della scena culturale internazionale anche grazie agli sguardi di alcuni fotografi, i quali hanno illustrato con i loro scatti non solo esposizioni, azioni e performance, ma soprattutto momenti di vita quotidiana, significativi per cogliere l’atmosfera incandescente di anni in grado ancora oggi di stupire per libertà, coraggio, provocazione e vitalità creativa. Ripercorriamo questo decennio formidabile attraverso una selezione di immagini colte da fotografi come Claudio Abate, Fabio Donato, Mimmo Jodice, Bruno Manconi, Paolo Mussat Sartor e Paolo Pellion di Persano, negli studi degli artisti, nelle grandi rassegne nazionali e internazionali, nei musei e nelle gallerie, nei garage e nei parcheggi sotterranei, ma anche per le strade e nelle piazze. Ideali scenari per un’arte che esce dalla cornice del quadro ed entra in contatto diretto con la vita delle persone, in un incredibile intreccio con la realtà quotidiana dell’epoca, profondamente condizionata dalle rivolte sociali e politiche del 1968, in anni dove sembrava che l’Italia potesse cambiare per sempre.SALA 1 Le grandi mostre Arte Povera più azioni povereFra le prime mostre a registrare il cambiamento di clima dell’arte italiana alla fine degli anni Sessanta, Arte Povera più azioni povere si tiene agli Arsenali di Amalfi nell’ottobre del 1968. Considerata la prima mostra pubblica del movimento dell’Arte Povera, si tratta di un grande happening durante il quale una ventina di artisti, italiani e internazionali, coinvolgono la città in una vivace e animata kermesse. “Pistoletto trascina per i vicoli di Amalfi L’uomo ammaestrato con tutta la sua corte, Anne Marie Boetti abbandona una zattera di polistirolo tra le onde del mare, Pietro Lista nasconde, a notte inoltrata, la luce di un neon sotto la sabbia della spiaggia, Anne Marie Boetti e Ableo improvvisano un concertino di flauto, a piedi nudi sulla spiaggia di Amalfi. Insomma, accadono cose straordinarie. Tutti partecipano a questo speciale evento, gli artisti si aiutano l’uno con l’altro, i bambini giocano a nascondino sotto la Vedova Blu di Pascali e gli artisti invadono il Giardino all’italiana di Gino Marotta” ricorda Lia Rumma. L’evento viene documentato dai fotografi Claudio Abate e Bruno Manconi con una serie di scatti che presentano aspetti inaspettati della manifestazione, come Jan Dibbets che installa nell’acqua la sua opera, Richard Long che stringe la mano ai passanti e perfino una partita di calcio improvvisata tra gli artisti. Immagini dirette e coinvolgenti per raccontare i momenti più intimi di una rivoluzione che in quegli anni avrebbe trasformato l’Italia in uno dei paesi più liberi e creativi del mondo.SALA 2 Le grandi mostre Documenta, Biennale, Quadriennale, Lo spazio dell’immagine, Amore mio, Vitalità del Negativo, ContemporaneaLe grandi mostre collettive italiane e internazionali sono le occasioni privilegiate per documentare i nuovi linguaggi dell’arte da parte dei fotografi attivi in quegli anni, che seguono gli artisti nelle sale della Documenta di Kassel, della Biennale di Venezia o della Quadriennale a Roma, cogliendo aspetti inaspettati e comportamenti di maestri come Giorgio De Chirico, Mario Merz, Joseph Beuys e di autori più giovani come Gino De Dominicis, Jannis Kounellis o Sergio Lombardo, ripresi dall’obiettivo di Paolo Pellion di Persano, Paolo Mussat Sartor o Claudio Abate. Quest’ultimo segue con costanza ed attenzione le mostre collettive come Lo spazio dell’immagine (1968) a Foligno, Amore mio (1970) a Montepulciano e Vitalità del Negativo (1970) al palazzo delle Esposizioni a Roma, caratterizzate da allestimenti audaci e coraggiosi firmati dall’architetto Piero Sartogo, che progetta anche le reti di acciaio che dividono le sezioni di Contemporanea (1973), curata da Achille Bonito Oliva al parcheggio sotterraneo di Villa Borghese. “Non guardo solamente l’opera, osservo l’artista. O meglio, guardo come l’artista guarda l’opera. Da lì comincio, poi scatto una foto. Ho sempre cercato il punto di vista dell’artista: questo è il mio metodo di lavoro” racconta Abate che ha documentato, insieme ai suoi colleghi, le espressioni più avanzate dell’arte. “C’era bisogno di far capire il senso dell’opera attraverso un’unica foto. Erano opere non vendibili, non sarebbero state più realizzate e l’immagine fotografica in tal senso diventava fondamentale”.SALA 3 Le gallerie private Torino, Roma, NapoliGian Enzo Sperone apre la sua galleria a Torino nel 1964, dopo essere stato collaboratore della Galleria Galatea di Mario Tazzoli e direttore della Galleria Il Punto l’anno precedente. Nell’arco di sei anni, dal 1964 al 1970, lo spazio di Sperone diventa il fulcro di un’attività espositiva tra le più avanzate dell’epoca, dove si alternano mostre di artisti della Pop Art con i protagonisti della Minimal Art, della Conceptual Art e dell’Arte Povera. Il fotografo ufficiale della galleria è Paolo Mussat Sartor (1947) entrato da Sperone come amico di Antonio Tucci Russo, che aprirà a sua volta una galleria nel 1974.Quando la saracinesca del garage di Via Beccaria, che da poche settimane ospita L’Attico, la nuova galleria di Fabio Sargentini, si alza per far entrare i dodici cavalli protagonisti della mostra personale di Jannis Kounellis Senza titolo, per la città di Roma comincia una nuova stagione, che vede in quello spazio il principale laboratorio della neoavanguardia con mostre, azioni e performance destinate ad entrare nella storia. Il fotografo pronto a cogliere la dimensione dinamica e rivoluzionaria della scena artistica romana è Claudio Abate (1943-2017), amico di molti artisti della scena cittadina.All’ombra del Vesuvio tra il 1968 e il 1980 l’arte contemporanea esplode e si espande come un’eruzione, portando a Napoli da tutto il mondo i linguaggi più sperimentali e innovativi. Il primo ad attirare in città il mondo dell’arte internazionale è il gallerista Lucio Amelio (1931-1994), seguito nei primi anni Settanta da Lia Rumma e Pasquale Trisorio. La sua Modern Art Agency, aperta nel 1965, ospita negli anni artisti del calibro di Jannis Kounellis, Mario Ceroli, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Cy Twombly e Luigi Ontani, senza contare Andy Warhol e soprattutto Joseph Beuys, che Amelio invita con tutta la famiglia a Capri nel 1971, conquistandolo con il suo tedesco perfetto. Da allora Lucio e Joseph diventano inseparabili, tanto che sarà Amelio ad organizzare, il 1 aprile 1980, il mitico incontro tra Beuys e Warhol nella sua galleria. Le mostre alla Modern Art Agency vengono documentate fotografi come Fabio Donato (1947) e Mimmo Jodice (1934), attenti portavoce della cultura fervente del tempo.SALA 4 Gli artistiLo sguardo ironico di Alighiero Boetti, il viso corrucciato di Mario Merz, l’atteggiamento riflessivo di Giulio Paolini, l’espressione intensa di Gilberto Zorio colti nei loro studi, nelle gallerie o in aperta campagna: l’obiettivo di Paolo Mussat Sartor è capace di cogliere l’immediatezza di un gesto e la flagranza di un attimo speciale, come le conversazioni nella galleria Sperone, ideale punto di incontro e di scambio tra artisti italiani e internazionali. Paolo Pellion di Persano avvia una serie di ritratti degli amici artisti alla guida delle loro automobili, quasi a voler documentare la familiarità che li lega, testimoniata anche dall’immagine che vede Marisa Merz nella sua abitazione torinese. Claudio Abate segue i suoi amici Jannis Kounellis, Eliseo Mattiacci e Gino De Dominicis tra mostre, gallerie e studi in una Roma ricca di occasioni culturali, mentre Fabio Donato riporta il clima spensierato di Joseph Beuys in visita a Capri con tutta la sua famiglia, insieme ai galleristi Lucio Amelio e Pasquale Trisorio. Queste immagini ci riportano il sentimento di un’epoca nella quale la cultura e l’arte venivano vissute attraverso momenti collettivi, che riservano innumerevoli sorprese grazie agli scatti dei fotografi coinvolti durante questi anni davvero rivoluzionari.IL CATALOGOLa rivoluzione siamo noi Arte in Italia 1967-1977A cura di Ludovico Pratesi Tra Marsilio Arte e l’Archivio Luce- Cinecittà nasce una nuova alleanza.La rivoluzione siamo noi è il primo di una serie di significativi progetti editoriali che segnano la nascita di una importante collaborazione tra la casa editrice e l’Archivio per valorizzare e rileggere straordinari e inediti materiali reperiti attraverso lunghe ricerche in una trentina di archivi pubblici e privati.Il catalogo che accompagna la mostra omonima (Torino, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, dal 14 luglio al 2 ottobre 2022) nasce dal documentario La rivoluzione siamo noi (Arte in Italia 1967-1977), prodotto da Istituto Luce-Cinecittà nel 2020, per la regia di Ilaria Freccia e la consulenza storico-artistica di Ludovico Pratesi.Concepito come un viaggio cronologico e geografico attraverso tre città italiane (Torino, Roma, Napoli), il volume ci racconta attraverso le fotografie di Paolo Mussat Sartor, Paolo Pellion di Persano, Claudio Abate, Fabio Donato, Mimmo Jodice e Bruno Manconi come l’Italia sia divenuta un centro nevralgico per l’arte contemporanea nel decennio 1967-1977 con la presenza di artisti internazionali e non.Come scrive Ludovico Pratesi, questi straordinari fotografi «con i loro scatti [hanno saputo illustrare] non solo esposizioni, azioni e performance, ma soprattutto momenti di vita quotidiana, significativi per cogliere l’atmosfera incandescente di anni in grado ancora oggi di stupire per libertà, coraggio, provocazione e vitalità creativa».In quegli annil’Italia era, infatti, un laboratorio di idee e scambi culturali frequentato da artisti come Marina Abramovich, Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Andy Warhol. Un’occasione per assistere in diretta alla nascita di tanti capolavori protagonisti dell’arte contemporanea internazionale degli ultimi sessant’anni. In libreria da luglio 2022.Ludovico Pratesi, curatore e critico d’arte. Numerose sono le sue direzioni artistiche presso istituzioni museali pubbliche e Fondazioni private tra cui ricordiamo il Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro, la Fondazione Guastalla per l’arte contemporanea e palazzo Fabroni di Pistoia.La sua attività curatoriale è stata contraddistinta da mostre e progetti legati al dialogo tra arte antica e contemporanea, in contesti diversi. È critico del quotidiano La Repubblica.
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