Luce – L’immaginario italiano a Padova

Dal 15 Giugno al 2 Settembre 2018

Dopo il successo di pubblico e media a Roma, Buenos Aires, Mantova, Catania, Matera e Napoli la grande mostra LUCE – L’immaginario italiano arriva a Padova, ospitata al Centro culturale Altinate San Gaetano, sarà aperta al pubblico dal 15 giugno al 2 settembre 2018.

L’esposizione racconta la storia dell’Istituto Luce dalla fondazione nel 1924 a oggi: una delle più grandi imprese culturali del Paese, un luogo di elezione della sua conoscenza storica, e il deposito materiale di memorie, segreti, sogni dell’Italia nel XX secolo e oltre.

La mostra, promossa dal Comune di Padova, ideata e realizzata da Istituto Luce-Cinecittà, è curata da Gabriele D’Autilia (curatore scientifico e testi) e da Roland Sejko (curatore artistico e regia video). L’organizzazione generale è di C.O.R. Creare Organizzare Realizzare.

 

LA MOSTRA

Nato nel 1924 come L.U.C.E., L’Unione Cinematografica Educativa, con l’intuizione e l’intento di raccontare l’attualità del Paese, della sua società e del mondo attraverso l’ancora nuovo linguaggio delle immagini in movimento, e ribattezzato con Regio decreto l’anno seguente, l’Istituto Nazionale Luce venne presto sostenuto con forza e controllato da Benito Mussolini, che ne comprese e sfruttò le enormi potenzialità divulgative e politiche. Dopo oltre 90 anni e una vicenda che ha accompagnato in parallelo e continuità tutta la recente Storia d’Italia, quell’intuizione è diventata oggi la più antica istituzione di cinema pubblico al mondo e, con un archivio di decine di migliaia di filmati e tre milioni di fotografie, un patrimonio di immagini impareggiabile per quantità e ricchezza di temi. Tanto da meritare nel 2013 l’ingresso per il fondo ‘Cinegiornali e fotografie dell’Istituto Nazionale L.U.C.E.’ nel Registro Memory of the World dell’UNESCO. Un bene italiano divenuto bene mondiale.

Per raccontare questa evoluzione, LUCE – L’immaginario italiano si muove su due binari ideali: come l’Italia si è rappresentata nei decenni attraverso le immagini del Luce, e come l’Italia si è rivelata, confessata, svelata attraverso e nonostante le immagini delle sue rappresentazioni ufficiali. Dal suo esordio il Luce ha provveduto a rivelare l’immagine degli italiani a loro stessi, e a fornire una conoscenza di base del Paese. Grazie ai ‘cinegiornali’ Luce, milioni di cittadini dagli anni ’20 in poi hanno potuto vedere e scoprire per la prima volta città, geografie lontane, popolazioni sconosciute, forme sociali e culturali differenti. La nascita di un’opinione pubblica in Italia passa di qui, insieme alla stessa formazione di ‘luoghi comuni’. È su questo terreno condiviso ed elementare che il fascismo poté promulgare le sue propagande e il suo controllo. Ma anche che il Paese uscito dalla Guerra riuscì a testimoniare gli sforzi e la spinta civile della ricostruzione, e gli sviluppi di una nuova società democratica e di massa avviata alla modernità. Di questo aspetto educativo, informativo e propagandistico, il Luce fornisce milioni di documenti. Il Paese ‘si mette in posa’. Ma la mostra racconta anche il rovescio di quell’immagine. Per la natura realistica del cinema e della fotografia, allo spettatore di ieri, e ancor più a quello di oggi, non poteva e non può sfuggire la retorica (e a volte la goffaggine) delle ‘pose’ di Mussolini nei suoi comizi; o la povertà e la fatica dei contadini messi in scena sorridenti davanti all’obiettivo, e lo sconforto dei soldati in una guerra che si raccontava trionfale, mentre si subiva una sconfitta. E l’ironia di uno speaker sulle donne lavoratrici negli anni ’50, la compostezza dei rappresentanti dei partiti politici, i volti allegri dei giovani in una festa o in una manifestazione, rivelano in controluce i sommovimenti e le richieste di una nuova età di diritti. In tutti questi rovesci dell’immagine il Paese svela e confessa il suo intimo. Il suo immaginario.

Il percorso espositivo

Nel racconto di questo autoritratto della nazione, LUCE – L’immaginario italiano è concepita con un approccio espositivo non statico, ma come un flusso continuo di immagini. Il percorso parte dal concetto e dalla forma di ‘strip’: grandi pannelli organizzati secondo un ordine tematico-cronologico, su cui in più di 20 schermi sono proiettate speciali videoinstallazioni, montaggi realizzati ad hoc di centinaia di filmati dell’Archivio storico Luce. Accanto alle immagini in movimento, più di 500 splendide fotografie dell’Archivio fermano dettagli e momenti significativi, mentre pannelli di testo approfondiscono l’analisi storica e linguistica dei video. Un percorso visivo e uditivo di notevole impatto, che fa sì che ogni visitatore si confronti con un’immagine differente, e in cui ciascun video dialoga con quelli vicini per analogie e differenze. Una serie di parole-chiave lega l’itinerario. Si va così dagli anni ’20 di città/campagna, ai ’30 di autarchia, uomo nuovo, architettura, censura e propaganda. Si arriva a Guerra e rinascitaCassino (icona della brutalità distruttiva delle guerre), vincitori e vinti (con sequenze poco conosciute e straordinarie, anche a colori, dell’ingresso degli alleati non solo a Roma, ma anche nelle profondità del Paese) modernità/arretratezza (un parallelo significativo di immagini dell’Italia anni ‘60), giovani, economia, corpi politici, neotelevisione, e tante altre.

Alcune sezioni mostrano aspetti specifici e suggestivi. La camera delle meraviglie è un omaggio ai viaggi per il mondo compiuti dagli operatori Luce; la ‘camera del Duce’ disegna un’imperdibile antologia delle retoriche e dei silenzi di Mussolini, ed è contrapposta alla stanza del Paese reale, un commovente viaggio nei volti degli italiani negli anni ’30.

Una grande sezione finale è dedicata al ritratto di Padova. La città ha conosciuto molto presto la “guerra totale”: già nel 1916, un anno dopo l’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale, viene colpita dai primi bombardamenti aerei, che terrorizzano la popolazione e minacciano gli edifici storici. Ma è la guerra successiva a far vivere tutta la tragedia di un conflitto che, stavolta in modo generalizzato, colpisce anche i civili e i loro luoghi di vita: i cinegiornali Luce attraverso i toni della propaganda accusano i “liberatori” di portare morte e distruzione, ma gli italiani sanno bene chi ha voluto la guerra e ne aspettano con fiducia la fine confidando negli angloamericani e nei combattenti antifascisti.

Padova oltretutto è uno snodo importante, e gli impianti ferroviari vengono quindi colpiti ripetutamente da bombardamenti che non risparmiano monumenti e opere d’arte. La ferita, reale e simbolica, più dolorosa è certamente quella dell’11 marzo 1944, quando la chiesa degli Eremitani subisce danni irreparabili con la distruzione, in particolare, degli affreschi di Andrea Mantegna. Le immagini del Luce su questo episodio sono impressionanti ma forse la più penosa è quella di un uomo che due giorni dopo il bombardamento raccoglie mesto i frammenti degli affreschi di fronte alle rovine; ci vorrà molto lavoro per ricostruire, ma solo parzialmente, i capolavori perduti delle cappelle Ovetari e Dotto: la perdita sarà comunque irrecuperabile.

La guerra distrugge vite, case e ricordi, e impone di pensare alla sopravvivenza e alle necessità materiali, eppure i padovani, consapevoli dei rischi imminenti e dell’impossibilità di evitare distruzioni, vollero dedicarsi assiduamente alla protezione, con sacchi di sabbia e strutture protettive, di un altro fondamentale gioiello del patrimonio culturale mondiale, la cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, allora come oggi luogo della memoria vitale per la città.