Mario Canale e I magnifici quattro della risata

Attualità, di redazione, 21 Ottobre 2022

Mario Canale è un regista, un documentarista, un giornalista e una persona che ama molto il suo lavoro. Nell'intervista concessa in occasione della presentazione alla Festa del Cinema di Roma del suo ultimo lavoro, I magnifici quattro della risata, esordisce dicendo che nonostante abbia usato per questo suo film molto materiale d'archivio, è sicuro che ce ne sarebbe stato altrettanto che non è riuscito ad utilizzare.

I magnifici quattro del titolo sono Carlo Verdone, Roberto Benigni, Francesco Nuti e Massimo Troisi. L'idea di fare un documentario su di loro nasce dalla necessità di "capire come la comicità, che è generazionale, si adatta allo spirito del tempo. Un comico ha un percorso da seguire e poi a un certo punto c’è una mutazione, cambiano gli obiettivi e soprattutto cambiano i temi all’interno dei loro film: difficilmente un comico rimane un comico per tutta la vita con quel tipo di comicità”. Soprattutto, racconta Canale, voleva capire dove stavano le affinità e le diversità tra questi attori che a partire dagli anni Ottanta hanno cambiato il modo di fare la commedia italiana.

Quello che emerge da questo lavoro di ricerca e ricostruzione è che la cosa che li accomuna è la capacità di stare da soli davanti a un pubblico e di riuscire, in qualsiasi contesto si trovino, a dominarlo e a farlo ridere, "quasi a stregarlo".

Affiorano i ricordi di Canale: le sue interviste per il settimanale televisivo Ciak, gli incontri con i più svariati personaggi del mondo dello spettacolo. Tutto materiale che pur girato da lui, sembra quasi scoprire per la prima volta nel suo immenso archivio, conservato ora presso Luce Cinecittà. Cose che alle volte nemmeno ricordava di aver mai fatto.

Mario Canale conclude l'intervista, parlando di Roma e degli ultimi decenni del Novecento, quasi con un appello, con parole molto accorate: "Per Roma c’è una nostalgia vera, nel senso che di quel periodo così straordinario, così forte, così intenso è difficile capire cosa può essere sopravvissuto. Io penso molto poco. Quegli anni lì c’è stato un accesso, una voglia di visualizzare le cose, penso in ambiti come la poesia, penso in ambiti della sperimentazione. Ci sono materiali infiniti. In parte qualcosa ha il Centro Sperimentale, ma molti sono ancora in archivi privati che vanno riscoperti e salvati perché se non si salvano oggi moriranno queste cose. Quindi chi ha cura di questo materiale deve darsi un gran da fare, deve conoscerli”.

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