Muhammar Gheddafi, la Libia e l’Italia
Dopo la presa del potere Gheddafi instaurò dapprima una dittatura militare; più tardi, dopo averlo teorizzato nel Libro Verde, proclamò la cosiddetta repubblica delle masse, una paese equidistante tra il capitalismo occidentale e il socialismo reale. In realtà, durante i quarant'anni di potere Gheddafi badò soprattutto a posizionarsi dove tirava il vento, riuscendo così a sopravvivere a diversi presidenti degli Stati Uniti e al crollo dell'Europa Orientale dopo l'abbattimento del muro di Berlino. Quello che però non riuscì a fare fu di dare al suo paese basi solide: dopo la sua morte, infatti, la Libia non è riuscita a trovare stabilità e ha finito per dividersi in due blocchi in perenne guerra tra loro, con gravissime conseguenze per i paesi limitrofi e non solo, basti solo pensare al dramma dei migranti, sfruttati e massacrati dai trafficanti di Tripoli.
I rapporti con i nostri dirimpettai sono sempre stati stretti ma non troppo cordiali. Prima la guerra italo-turca del 1911-12 e poi la colonizzazione degli anni Trenta hanno reso i nostri connazionali, che pure rimasero in Libia ben oltre la proclamazione dell'indipendenza del 1951, invisi a parte consistente dei libici, così che quando Gheddafi, dopo il 1969, decise di sequestrare i loro beni e spingerli infine a lasciare il paese, trovò poca resistenza tra i suoi concittadini lasciando negli italiani costretti a partire, un profondo senso di tristezza e malinconia, come ha raccontato Giovanna Gagliardo nel documentario del 2018, Il mare della nostra storia.