Il racconto infinito di Andrea Camilleri

Il 6 settembre del 1925, cento anni fa, nasceva a Porto Empedocle lo scrittore siciliano, che in questa intervista passa in rassegna tutta la sua lunga vita

Nel 2015, in prossimità del suo novantesimo compleanno, Andrea Camilleri viene intervistato dal regista Mario Gianni e traccia un bilancio della sua vita: “Il desiderio [che ha orientato la mia vita] è stato sempre quello di entrare in comunicazione con gli altri e siccome sentivo di avere delle cose da raccontare, ho sempre avuto il desiderio di raccontare le cose. Non pensavo di essere capace di scrivere dei romanzi, in gioventù scrivevo delle poesie che sono state pubblicate, grazie a Ungaretti, su importanti riviste letterarie. A vent’anni ero, come posso dire, una giovane promessa della poesia italiana. Poi venne il teatro che mi prese totalmente e da allora cominciai a raccontare storie d’altri con parole d’altri. Però attraverso la mia, diciamo così, interpretazione registica, attraverso la mia lettura“.

“Diventare romanziere è stato un patto d’onore [con il padre] ma in qualche modo o avrei continuato a fare il regista o avrei fatto il tentativo di ritornare alla poesia. Ma a un certo momento della mia vita, già adulto, già padre di figli, ebbi questa svolta diciamo narrativa che oltretutto mi ha consentito di, come posso dire, di metter su famiglia, di vivere discretamente facendo il lavoro che mi piaceva. E questa la trovo una delle fortune più grosse che possono capitare a un individuo”.

Nel prosieguo dell’intervista Camilleri affronta vari aspetti della sua vita: parla di un sogno ricorrente di cui non è mai riuscito a darsi una spiegazione: “un assassinio, cioè ammazzavo uno di cui non sono mai riuscito a vedere la faccia, e poi lo nascondevo, che so, sotto questo divano, sapendo che lei sarebbe arrivato da qui a 5 minuti. Quindi vivevo nell’angoscia che lei abbassandosi dicesse oddio che c’è qui sotto e scoprisse il mio cadavere nascosto“.

Più avanti lo scrittore siciliano parla del tempo, di come, con l’aumentare dell’età muta la sua percezione.

Non poteva mancare un riferimento al suo commissario più famoso: “Nella figura di Montalbano ci sono molti tratti di mio padre. È una cosa che ha scoperto mia moglie al quarto romanzo: ma ti rendi conto che stai facendo un lungo ritratto di tuo padre“. Ma non ci sono riferimenti personali. I romanzi di Montalbano nascono piuttosto da fatti di cronaca nera.

Durante la chiacchierata al giornalista che gli domanda se ha paura della morte Camilleri risponde di averla avuto intorno ai trent’anni, “Forse perché la mia generazione è quella che ha fatto la guerra e alla morte c’eravamo abituati“. Oggi, citando un film inglese, dice che più che altro trova la morte disdicevole e soprattutto “Mi scoccia lasciare gli affetti, magari le cose che stavo facendo. Ma la paura no, paura proprio sinceramente no“.