Roma città del cinema

di redazione, 17 Ottobre 2022

Roma è da sempre un set a cielo aperto. Basta girare per la città, soprattutto nei mesi estivi, ed è facile imbattersi in set cinematografici, con il loro brulicare di persone, dai lavoranti agli attori.

Nell'archivio Luce sono conservati molti filmati e fotografie che testimoniano questa attività, a partire dagli anni Venti per arrivare alla fine del secolo scorso.

Pietro Francisci gira a Cinecittà Saffo, venere di Lesbo, 1960

Tina Louise, nei panni di Saffo e Riccardo Garrone, in quelli di Iperbio, sono i protagonisti della pellicola storico letteraria che si gira a Cinecittà.
La storia di Saffo è nota. Il commentatore de La Settimana Incom, come spesso capita, fa dell’ironia: “Il film, come dimostrano queste immagini, si manterrà su un piano assolutamente cerebrale di dotta indagine. Finalmente basta su film che si basano solo sulla sfacciata ostentazione di nudità femminili”. Il tutto mentre sullo sfondo passano immagini di attrici poco vestite.
Pietro Francisci, autore di cortometraggi negli anni Trenta e Quaranta, dai Cinquanta diventerà uno dei massimi interpreti del peplum, genere cinematografico di film in costume che possono spaziare da ambientazioni bibliche (Quo vadis? I dieci comandamenti) a quelle storiche (Cleopatra, Spartacus)

 

Carlo Lizzani dirige “Il gobbo”, 1960

Nella periferia della capitale Lizzani dirige “Il gobbo di Roma”. Ambientato tra l’occupazione nazista e i primissimi anni del dopoguerra, il film traendo ispirazione da un fatto di cronaca, narra la storia Alvaro Cosenza: partigiano, nel dopoguerra con una sua banda si rese protagonista una serie di atti criminali che lo portarono agli onori della cronaca con il soprannome del gobbo del Quarticciolo, quartiere romano dove avvengono i fatti raccontati.
Lizzani si rifà alla tradizione neorealistica riproponendone i più validi motivi umani.
Interpretato da Gérard Blain e da Anna Maria Ferrero, il film vide tra i suoi protagonisti anche il regista e scrittore Pier Paolo Pasolini in una delle sue primissime apparizioni sul grande schermo

 

Ben-Hur: a Cinecittà si gira la scena delle quadrighe, 1958

Se c’è un film che meglio illustra la grandiosità del cinema quel film è “Ben-Hur” di William Wyler. Non solo per il budget di circa 16 milioni di dollari, per il gran numero di comparse coinvolte, ma anche per il più grande set mai costruito fino allora. Quel set era costruito a Cinecittà, nei suoi anni d’oro da Hollywood sul Tevere. Questo cinegiornale racconta la ripresa di una delle scene del film che diventeranno iconiche: la corsa delle quadrighe. La scena, che all’inizio doveva essere girata al Circo Massimo, vedrà la partecipazione di duemila comparse, durerà nella versione finale circa otto minuti, richiederà due mesi di prove e altri due mesi di riprese. Curiosamente non saranno dirette da Wyler ma da vari registi di seconda unità. Uno di loro era Sergio Leone, che firmerà il suo primo film da regista, ‘Il Colosso di Rodi’, due anni dopo, nel 1961.  Il set del film a Roma divenne una grande attrazione turistica. Durante le riprese di questa scena “il curioso” d’eccezione è Giulio Andreotti, Ministro delle Finanze in quei giorni, ma molto coinvolto nel cinema: si deve a una sua legge del 1949 la rinascita dell’industria cinematografica italiana e il rilancio di Cinecittà nel dopoguerra

 

Rossellini e Totò girano a Roma “Dov’è la libertà”, 1954

Rossellini dirige Totò in una strada di Roma, circondato da una folla di curiosi. Si sta girando una scena di “Dov’è la liberta” prima e ultima collaborazione tra i due. “Sarà interessante rilevare i risultati dell’incontro tra il regista romano e il comico napoletano.” commenta lo speaker. Non andrà per niente bene. Rossellini se ne disinteresserà del film, al punto che alcune scene saranno girate da Mario Monicelli e altre ancora da Federico Fellini. Negli stessi giorni di queste riprese Monicelli sta lottando per far uscire il suo “Totò e Carolina”, girato dal 1952 al 1954, e massacrato dalla censura con l’accusa di ridicolizzare le forze dell’ordine. Uscirà nel 1955, un insuccesso, come “Dov’è la libertà”

 

Jean Renoir a Cinecittà per “La carrozza d’oro”, 1952

“T’è piaciuto “Bellissima”? Ora sto girando “La carrozza d’oro”. Anna Magnani si mette al servizio del cinegiornale in una finta telefonata per presentare il set del film che sta girando con Jean Renoir. Il regista francese ha appena cominciato le riprese del film tratto da un’opera di Prosper Mèrimèe che racconta le vicende di una troupe della commedia dell’arte nel Perù del XVIII secolo. Il Perù è a Cinecittà, l’operatore del film è Claude Renoir, nipote del regista.

“La carrozza d’oro è forse il capolavoro di Renoir” scriverà più tardi Truffaut. Ma il film, il primo in Europa a essere girato in Technicolor e uscito in tre versioni, italiano, inglese e francese, non andò molto bene al botteghino. Ma rimane come un film chiave per rileggere l’opera di Renoir, e il suo tributo più grande all’arte teatrale

Appuntamento a Cinecittà con “Bellissima”, 1951

Questo breve servizio sul set di “Bellissima” di Visconti nel luglio del 1957 a Cinecittà ha al suo interno una scena del film che uscirà cinque mesi dopo: Anna Magnani che recita davanti allo specchio: “In fondo, che è recita’? Se io mo me credessi d’esse’ n’artra, se facessi finta d’esse’ n’artra,  ecco che recito!” E’ un caso raro vedere in un cinegiornale il ciak e la stessa identica inquadratura che il regista monterà nella versione finale del film.  “Ne so’ venuti fuori tanti de disgraziati con st’illusione del cinema” dice uno dei personaggi racchiudendo in una sola frase l’idea del film, “Bellissima”, – una satira del mondo del cinema – fu girato a Cinecittà, riaperta da pochi anni dopo essere stata trasformata in un campo profughi. Cinecittà è protagonista anche come luogo reale dove si svolgono alcune scene del film. Lo spazio dove Blasetti, nei panni di se stesso, fa il casting dei bambini è il Teatro Cinque

L’attrice Dolores Del Rio visita Roma, 1928

Una diva di Hollywood negli ultimi anni ruggenti del cinema muto si aggira per i luoghi monumentali di Roma. Dolores del Rio, la messicana diventata famosa in America e definita una “Latin Lover versione femminile di Rodolfo Valentino”, nel 1928 visita Roma e le cineprese dell’Istituto Nazionale Luce la seguono con delle inquadrature affascinanti e spettacolari nella cornice della città

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