Arnaldo Pomodoro, la scultura come partecipazione alla vita sociale e civile

Lo scultore romagnolo è scomparso a Milano il 22 giugno, il giorno prima di compiere 99 anni

In questa intervista inedita, rilasciata nel 2004 in occasione dell’inaugurazione della scultura Novecento, commissionata dal comune di Roma per il Giubileo di quattro anni prima, Arnaldo Pomodoro, scomparso lo scorso 22 giugno alla vigilia del suo novantanovesimo compleanno, racconta come fin da giovane abbia avuto un legame profondo e viscerale con la terra e la natura, elementi che sono rimasti centrali nella sua produzione artistica. Inizialmente modellava la terra sulle rive dei fiumi del Montefeltro osservando radici, grovigli e forme che evocavano per lui il “groviglio della vita“. Questa esperienza sensoriale lo ha segnato portandolo a prediligere la materia solida e duratura come l’argilla.

Pomodoro riflette anche sul ruolo dell’arte come testimonianza del presente e sulla responsabilità della ricerca che può anche essere distruttiva. Invita quindi a fermarsi quando la conoscenza rischia di travolgere tutto.

In conclusione l’artista ammette di non essere mai completamente soddisfatto del proprio lavoro. Come diceva Giulio Carlo Argan, l’arte nasce anche dalla durezza e dall’inquietudine, dal desiderio di non ripetersi. Il suo è un continuo interrogarsi, una ricerca mai conclusa in cui convivono la memoria, la materia e il mistero.