Franco Basaglia il padre della psichiatria moderna

Cento anni fa nasceva Franco Basaglia, padre della moderna psichiatria, visionario e rivoluzionario

L’11 marzo del 1924, cento anni fa nasceva Franco Basaglia. La legge 180 del 1978, comunemente indicata con il suo nome, cambiò il modo di interpretare la malattia mentale. Nel 1970 così descrisse la sua azione: “La nostra azione di rovesciamento ha avuto inizialmente questo significato: smascherare la violenza dell’istituzione psichiatrica, dimostrare la gratuità ed il carattere puramente difensivo delle misure repressive manicomiali, attraverso l’edificazione di una dimensione istituzionale diversa, dove il malato potesse gradualmente ritrovare un ruolo che lo togliesse dalla passività in cui la malattia, prima, e l’azione distruttiva dell’istituto, poi, lo avevano fissato. In questo senso l’avvio ad una nuova dimensione terapeutica doveva passare attraverso la distruzione della realtà manicomiale in quanto autoritario-gerarchico-repressivo-punitiva, per giungere a costituire un’istituzione dove la libera comunicazione fra malati, infermieri e medici avrebbe sostituito le mura e le sbarre, nell’azione di sostegno e di protezione per i malati“.

Erano gli anni Settanta, per molti gli anni di piombo. Ma furono anche molto altro: mentre terrorismo rosso e terrorismo nero insanguinavano il paese nel Parlamento venivano approvate leggi che cambiarono e resero più moderno il nostro paese: la legge che permette il divorzio è del 1970, come quella che introduce lo Statuto dei lavoratori; nel 1978, l’anno del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, venne approvata la legge che legalizzava l’aborto e appunto la 180 che molto deve al lavoro dello psichiatra veneziano.

Oggetto da subito di molte critiche da chi intenzionalmente fece di tutto per boicottarla, la legge venne così difesa Franca Ongaro, psichiatra dell’equipe di Basaglia e sua moglie: “Il 13 maggio non si è stabilito per legge che il disagio psichico non esiste più in Italia, ma si è stabilito che in Italia non si dovrà rispondere mai più al disagio psichico con l’internamento e con la segregazione. Il che non significa che basterà rispedire a casa le persone con la loro angoscia e la loro sofferenza”.

Lasciata Trieste, il centro del suo lavoro, Basaglia venne chiamato a Roma per coordinare i servizi psichiatrici della regione Lazio. Purtroppo non riuscì a fare molto: un tumore cerebrale, i cui primi sintomi si manifestarono nella primavera del 1980, lo uccise il 29 agosto di quello stesso anno.