Aldo Moro, via Fani, le Brigate Rosse

Il 16 marzo del 1978 in via Fani un commando delle Brigate Rosse rapisce l'onorevole Moro e stermina la sua scorta

Per tutte queste ragioni, onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo sulle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare”.

Aldo Moro è sempre stato considerato un politico pacato. Anche per questo le parole pronunciate il 9 marzo del 1977 in Parlamento, durante una discussione sullo scandalo Lockheed, destarono scalpore e saranno certamente tornate in mente a molti suoi colleghi un anno dopo quando, la mattina del 16 marzo 1978, le agenzie di stampa iniziarono a battere la notizia che il presidente della Democrazia Cristiana era stato sequestrato dalle Brigate Rosse, che avevano ucciso i cinque uomini della sua scorta, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Domenico Ricci, e lo avevano portato nella “prigione del popolo” per sottoporlo a un “processo proletario“.

Iniziano quel 16 marzo i 55 giorni più lunghi della storia dell’Italia Repubblicana, che termineranno il successivo 9 maggio quando i terroristi faranno ritrovare il cadavere dello statista pugliese dentro una Renault 4 rossa, parcheggiata nella centralissima via Caetani a Roma.

Aldo Moro in quel momento è, insieme a Giulio Andreotti, l’uomo politico più potente del paese. Di lui si parla apertamente come prossimo Presidente della Repubblica e proprio quel 16 marzo il Parlamento si appresta a votare la fiducia al nuovo governo guidato da Andreotti, governo fortemente voluto da Moro, contro molti dei suoi stessi compagni di partito: per la prima volta dal 1947 il Partito Comunista farà parte integrante della maggioranza. Malumori ci sono anche tra i comunisti ma il suo rapimento e il massacro degli uomini della sua scorta fanno passare in secondo piano tutti i dubbi che fino alla sera prima ancora aleggiavano tra i parlamentari: la Camera prima e il Senato dopo impiegano pochissimo tempo a votare la fiducia al governo Andreotti in modo da avere un esecutivo con pieni poteri in quelli che si preannunciano da subito come i giorni più difficili della storia della Repubblica.

Le foto, inedite sul portale dell’Archivio, fanno parte del fondo Masterphoto ancora in lavorazione