La strage di Bologna

Il 2 agosto del 1980 mentre la stazione del capoluogo felsineo è affollata di gente in partenza per le vacanze, esplode una bomba. 85 morti e 200 feriti il tragico bilancio dell'orrendo crimine

Bologna, 2 agosto 1980, 10:25 del mattino, Stazione centrale. Binari e sale d’attesa sono affollate, la gente si prepara a partire per le vacanze. Fa caldo ma l’aria è festosa. Una bomba e tutto cambia: si conteranno 85 morti e più di 200 feriti in quello che rimane l’attentato più brutale nella storia dell’Italia repubblicana. Brutale per come è stato pensato e realizzato, con l’intenzione cioè di colpire il più alto numero di persone in uno dei momenti più spensierati dell’anno.

Dopo 45 anni si è arrivati a una sentenza definitiva che indica in Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini e Paolo Bellini i responsabili materiali di quell’eccidio. Bellini, secondo le ricostruzioni della magistratura, fu anche tra i mandanti dell’attentato insieme a Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi indicati anche come i finanziatori e organizzatori della strage.

Sentenze alla mano dopo quasi mezzo secolo si può affermare che la matrice di quella strage fu neofascista e che apparati corrotti dello Stato, inquinati dalla Loggia massonica P2, contribuirono alla sua realizzazione.

Manifestazione a Roma dopo la strage del 2 agosto

Nei giorni successivi alla strage si svolsero in tutta Italia manifestazioni che nonostante fossimo all’inizio di agosto, con le città quasi svuotate, raccolsero molte persone e furono unitarie.

Quelle qui sopra sono immagini relative a quella di Roma: è possibile vedere bandiere del PCI accanto a quelle della DC e poco distante lo striscione di una formazione di estrema sinistra come Democrazia Proletaria. Massiccia la presenza delle rappresentanze sindacali di CGIL, CISL e UIL. In prima fila, dietro lo striscione, il sindaco di Roma Luigi Petroselli.

Era il 4 agosto, esattamente sei anni dopo che un’altra strage, quella dell’Italicus, aveva insanguinato il capoluogo felsineo.

Undici anni fa, a ridosso dell’anniversario della strage, un sondaggio effettuato tra i giovani del paese, mise in luce una realtà drammatica: moltissimi di loro, 34 anni dopo quegli avvenimenti, non sapevano nulla di quanto successo, nonostante gli speciali, i libri e i film prodotti. Gli archivi servono anche e soprattutto a questo: perché si tenga viva la memoria di quanto avvenuto per immunizzare tutti ed evitare che certi episodi possano ripetersi.