L’ultima apparizione del duce

Si conclude il 29 aprile del 1945 a piazzale Loreto a Milano in maniera tragica la parabola di un dittatore prima osannato e poi abbandonato da un paese che aveva ridotto in macerie

Mussolini appare nei filmati degli archivi dueultime volte’. A distanza di quattro mesi e nella stessa città, Milano. L’una e l’altra apparizione sono un bagno di folla per il Duce. Cambia il punto di vista del protagonista.

Ci sono quattro date che segnano questa storia. La prima è quella del 10 agosto 1944: a piazzale Loreto a Milano furono fucilati 15 partigiani dai fascisti su ordine dei nazisti, veri padroni della Repubblica Sociale Italiana, lo stato fantoccio che Mussolini comandava formalmente nel nord del paese. I loro cadaveri vennero vilipesi e lasciati esposti come monito per tutti i combattenti per la libertà.

La seconda data è quella del 16 dicembre dello stesso anno quando il duce è a Milano e tiene al teatro Lirico un discorso lungo ed enfatico ma completamente sconnesso dalla realtà. È l’ultima apparizione in pubblico di Mussolini ed è anche l’ultima volta che lo possiamo vedere in un Giornale Luce, il C0418 del 27 dicembre del 1944.

La terza data è il 27 aprile del 1945 quando il duce viene fermato a Dongo mentre, travestito da soldato tedesco, tenta di fuggire in Svizzera. Riconosciuto verrà giustiziato il giorno dopo a Giulino.

Con la quarta data, il 29 aprile, si torna a piazzale Loreto dove furono portati i cadaveri di Mussolini, la Petacci e gli altri gerarchi passati per le armi. Appesi a testa in giù, furono lasciati in balia della folla che ne fece scempio. Filmate dagli americani e conservate anch’esse nell’Archivio Luce, sono immagini raccapriccianti che segnano in maniera quasi emblematica la fine di un dittatore osannato per anni da folle plaudenti.

Così Sandro Pertini, tra i massimi dirigenti del CLN e firmatario con altri della condanna a morte di Mussolini, raccontò quel momento: “Quando mi dissero che il cadavere di Mussolini era stato portato a piazzale Loreto, corsi con mia moglie e Filippo Carpi. I corpi non erano appesi. Stavano per terra e la folla ci sputava sopra, urlando. Mi feci riconoscere e mi arrabbiai: «Tenete indietro la folla!». Poi andai al CLN e dissi che era una cosa indegna: giustizia era stata fatta, dunque non si doveva fare scempio dei cadaveri. Mi dettero tutti ragione: Salvadori, Marazza, Arpesani, Sereni, Longo, Valiani, tutti. E si precipitarono a piazzale Loreto, con me, per porre fine allo scempio. Ma i corpi, nel frattempo, erano già stati appesi al distributore della benzina. Così ordinai che fossero rimossi e portati alla morgue. Io, il nemico, lo combatto quando è vivo e non quando è morto. Lo combatto quando è in piedi e non quando giace per terra“.