L’assassinio del Mahatma Gandhi

Il 30 gennaio del 1948 Nathuram Godse, un fanatico indù radicale, uccide il padre dell'indipendenza indiana

Il 30 gennaio del 1948 Nathuram Godse, un fanatico indù radicale, spara e uccide Mohāndās Karamchand Gāndhī, il Mahatma padre dell’indipendenza indiana.

Nel 1930 al termine di una marcia di 380 chilometri, Gandhi e suoi seguaci erano approdati sulle coste dell’Oceano Indiano e, violando volutamente il monopolio reale, iniziarono l’estrazione del sale. Gli inglesi reagirono con violenza imprigionando oltre sessantamila persone tra le quali lo stesso Gandhi e altri membri del Congresso.

Dopo la sua liberazione, avvenuta l’anno successivo, Gandhi compie un lungo viaggio in Europa, compreso il nostro paese, con lo scopo principale di trattare con il governo britannico le condizioni per l’indipendenza della sua patria. Fu un processo lungo sedici anni durante i quali il Mahatma ricorse a forme di disobbedienza non violenta per portare avanti le sue battaglie. L’indipendenza venne concessa il 15 agosto del 1947.

La visita del Mahatma Gandhi a Roma nel 1931

Appena un anno dopo che il suo sogno si realizzò Gandhi venne assassinato a Nuova Delhi. Il suo funerale fu una manifestazione imponente: la sua bara fu trasportata su e giù per il Gange per consentire a due milioni di indiani assiepati sulle rive del fiume di rendergli l’estremo omaggio.