L’8 marzo, l’Archivio, le donne

Le donne e l'8 marzo: anni di battaglie, di conquiste e lotte ancora da sostenere

È vero, come ancora oggi possiamo leggere su social animati da nostalgici di un regime che evidentemente conoscono molto poco, che quello fascista è stato il primo governo italiano a prendere provvedimenti a favore delle donne? Donne che soprattutto durante il primo confiltto mondiale, avevano registrato un vistoso aumento del loro peso sociale e politico.

Certamente il regime provò a dare questa immagine di se e Mussolini, fiutando l’aria, nel novembre del 1925 concesse il diritto di voto amministrativo alle donne, pur se con molte limitazioni. Dopo pochi mesi però una riforma della rappresentanza, aboliva la figura delle cariche amministrative locali. Nessuna donna quindi durante il ventennio potè mai esercitare il diritto di voto.

Per il fascismo in realtà la donna doveva essere soprattutto la madre dell’uomo nuovo fascista e la moglie che custodisce il focolare domestico.

 

Dagli anni Venti agli anni Ottanta come cambia la rappresentazione della donna

Bisognerà aspettare  il 1945, in alcune elezioni locali, e poi, il 2 giugno 1946, con le elezioni per il referendum istituzionale e l’Assemblea costituente, per poter finalmente vedere le donne recarsi a votare ed essere elette.

Ottenuti i riconoscimenti politici, le donne continueranno a scontrarsi con preconcetti e stereotipi: in fondo il ruolo della donna, per La Settimana Incom, nel 1951, resta ancora quello della brava padrona di casa che accudisce il marito che le porta i soldi per i suoi acquisti. Ci vorranno anni di lotte, di battute e doppi sensi da sopportare, di conquiste ottenute passo per passo, per arrivare agli anni Settanta, con battaglie epocali come quelle per il divorzio e l’aborto, e con l’elezione di una donna, Nilde Iotti, alla terza carica dello stato.

La donna e il Luce

Sopra possiamo vedere un video che lo sorso anno arricchiva la mostra Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione che si è svolta alla Galleria d’arte moderna.

Serenella Scuri, che lo ha curato per l’Archivio Luce, così scriveva: “Decostruire un cinegiornale di propaganda costituisce il tentativo di spingere lo sguardo oltre l’inquadratura, oltre il sonoro pieno di preconcetti, cercando di soffermarsi sul significato dell’immagine“.