La festa della donna

Le donne e l'8 marzo: anni di battaglie, di conquiste e lotte ancora da sostenere e da rilanciare

Come ogni anno l’8 marzo si parla di donne e dell’arretratezza che in tema di parità di genere il nostro paese ancora registra in moltissimi campi. Se ne parla soprattutto sui giornali dove però, non si fa mai cenno al fatto che le direttrici delle testate in questo momento sono pochissime: Agnese Pini a La Nazione e Norma Rangeri a Il manifesto le uniche eccezioni. Anche volendo cercare indietro negli anni non ne vengono in mente molte se non Flavia Perina, ora editorialista a La Stampa e che diresse Il Secolo d’Italia dal 2000 al 2011.

L’altro problema, sempre più pressante e sempre più drammatico, è quello della violenza sulle donne, che nell’ultimo anno ha registrato un ulteriore aumento, verosimilmente dovuto alla pandemia e al conseguente lockdown che ha costretto molte coppie a situazioni di coesistenza forzata con poche possibilità, per le donne, di allontanarsi da mariti e compagni violenti.

Quello dei femminicidi e delle violenze diffuse sono purtroppo sintomi di un deficit culturale che gli uomini faticano a colmare.

 

Dagli anni Venti agli anni Ottanta come cambia la rappresentazione della donna

Una signorina a bordo di un motor scooter a Roma, 1920

Ci sono poi le fake news che continuano a girare. Una, molto diffusa su social animati da nostalgici di un regime che evidentemente conoscono molto poco, sostiene che quello fascista sia stato il primo governo italiano a prendere provvedimenti a favore delle donne, donne che soprattutto durante il primo conflitto mondiale, avevano registrato un vistoso aumento del loro peso sociale e politico.

Certamente il regime provò a dare questa immagine di se e Mussolini, fiutando l’aria, nel novembre del 1925 concesse il diritto di voto amministrativo alle donne, pur se con molte limitazioni. Dopo pochi mesi però una riforma della rappresentanza aboliva la figura delle cariche amministrative locali. Nessuna donna quindi durante il ventennio poté mai esercitare il diritto di voto.

Per il fascismo in realtà la donna doveva essere soprattutto la madre dell’uomo nuovo fascista e la moglie che custodisce il focolare domestico.

Bisognerà aspettare  il 1945, in alcune elezioni locali, e poi, il 2 giugno 1946, con le elezioni per il referendum istituzionale e l’Assemblea costituente, per poter finalmente vedere le donne recarsi a votare ed essere elette.

Ottenuti i riconoscimenti politici, le donne continueranno a scontrarsi con preconcetti e stereotipi: in fondo il ruolo della donna, per La Settimana Incom, nel 1951, resta ancora quello della brava padrona di casa che accudisce il marito che le porta i soldi per i suoi acquisti. Ci vorranno anni di lotte, di battute e doppi sensi da sopportare, di conquiste ottenute passo dopo passo, per arrivare agli anni Settanta, con battaglie epocali come quelle per il divorzio e l’aborto, e per vedere la prima donna ministro della Repubblica, Tina Anselmi che fu, dal 1976 al 1979, ministro del lavoro prima e della sanità dopo e per assistere all’elezione di una donna, Nilde Iotti, alla terza carica dello stato.