Viva la Repubblica

Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelgono: lo stato sarà repubblicano. I Savoia lasciano il paese

75 anni fa, il 2 giugno del 1946, l’Italia è chiamata a scegliere se confermare la Monarchia o darsi, con la Repubblica, una nuova forma istituzionale. Vittorio Emanule III, conscio probabilmente che la sua figura fosse ormai troppo compromessa a causa dell’appoggio dato al regime fascista, di cui l’Italia si era liberata il 25 aprile del 1945, meno di un mese prima, il 9 maggio, aveva abdicato lasciando la corona al figlio Umberto II. La mossa, forse tardiva, permise comunque ai Savoia di raccogliere molti più voti di quello che era lecito aspettarsi: nonostante l’accondiscendenza verso il fascismo dalla marcia su Roma, quando diede via libera a Mussolini, all’entrata in guerra, passando per l’avventura coloniale e la firma apposta sul decreto che introduceva le leggi razziali, fino ad arrivare all’8 settembre e all’ignominiosa fuga verso Brindisi, lasciando il paese alla mercé dei nazisti, nonostante tutto questo, la Monarchia ottenne 10.719.284 a fronte dei 12.717.923 della Repubblica. La geografia del voto testimoniava di un paese spaccato a metà con il nord massicciamente repubblicano e il sud vistosamente monarchico.

 

Dal Re che rende omaggio alla bandiera alle parate del 2 giugno per la Festa delle Repubblica

Il 2 giugno è importante anche per altri due motivi: fu eletta l’Assemblea Costituente che in un anno e mezzo di lavori redisse la Costituzione repubblicana che da allora regola la vita del paese: la DC ottenne il 37,2%; il PSIUP il 20,7%; il PCI il 18,7%; l’Unione Democratica Nazionale 6,5%; il Fronte Uomo Qualunque 5,4%; il PRI 4,1%; il Blocco nazionale delle libertà 2,9% e Partito d’Azione il 1,3%.

L’altro motivo, forse quello che maggiormente caratterizzò questo evento, fu che per la prima volta, in tutto il paese, si recarono a votare le donne. C’era stato un precedente, qualche mese prima, in alcune elezioni locali, ma solo il 2 giugno del 1946, le donne dell’intero paese si sentirono protagoniste, cittadine e non più suddite.

Un progetto di qualche anno fa, Senza rossetto, ha raccolto le testimonianze di alcune di queste donne: ne esce un ritratto emozionante ed interessante di quei giorni.

Ottenuti i riconoscimenti politici, ci vorranno ancora anni di lotte per vedere la prima donna ministro della Repubblica, Tina Anselmi che fu, dal 1976 al 1979, ministro del lavoro prima e della sanità dopo e per assistere all’elezione di una donna, Nilde Iotti, alla presidenza della Camera. Solo nel 2018 alla presidenza del Senato è stata eletta una donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati. E ancora moltissimi passi sono da fare per arrivare ad una vera parità di genere.