Il Partito Comunista Italiano

Il 21 gennaio del 1921 a Livorno, da una scissione del PSI, nasce il Partito Comunista d'Italia

Il 15 gennaio del 1921 si apre nel teatro Goldoni di Livorno il XVII congresso del Partito Socialista Italiano. Dopo sei giorni di contrasto molto aspro tra la corrente, risultata maggioritaria, dei riformisti e il gruppo comunista che aveva deciso di aderire all’Internazionale Comunista, si arriva alla scissione. Guidati da Gramsci, Bordiga, Togliatti e Terracini questi ultimi il 21 gennaio fondarono il Partito Comunista d’Italia, tenendo contestualmente il primo congresso nazionale.

La rivoluzione russa del 1917 aveva cambiato il panorama dei partiti socialisti in tutto il mondo e divisioni di questo tipo si verificarono in molti paesi. I socialisti italiani, tra le altre cose, nelle elezioni del 1919, le prime a suffragio universale maschile, erano risultati il primo partito, davanti ai popolari, entrambi al loro esordio in una competizione elettorale.

Ma in Italia erano cominciate le razzie delle squadre fasciste, anche se il partito stentava nelle competizioni elettorali raccogliendo solo lo 0,45% e due deputati alle elezioni del 1921. Nonostante questo Mussolini con la marcia su Roma e grazie all’appoggio di casa Savoia, l’anno successivo andò al potere. Il delitto Matteotti nel 1924, le leggi fascistissime del 1925 e la messa fuori legge dei partiti politici, cambiarono il volto al paese.

Il PCd’I, dopo l’arresto di Bordiga e Gramsci nel 1926 entrò in clandestinità e svolse la sua attività politica tra la Francia e l’Unione Sovietica. Al suo interno prendeva sempre più piede la figura di Palmiro Togliatti, che ne era stato segretario dal 1923 al 1924 e poi dal 1927 al 1934.

Nel 1938 Togliatti tornò alla guida del partito, assumendo un ruolo sempre maggiore anche a livello internazionale. Nel 1943 il partito cambiò nome, assumendo quello con cui è stato conosciuto fino al sul scioglimento: Partito Comunista Italiano. Fu una svolta importante: in questo modo Togliatti volle mettere l’accento sull’italianità della sua formazione. L’anno successivo con la Svolta di Salerno il leader comunista decise di allearsi con gli altri partiti e di mettere da parte la questione istituzionale, almeno fino a quando l’Italia non si sarebbe liberata del fascismo.

Coerente con questa posizione, anche dopo la caduta di Mussolini, il PCI collaborò con le forze dell’arco costituzionale alla scrittura della Costituzione Italiana, che venne firmata, insieme a Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato, da un suo uomo di punta, quell’Umberto Terracini che era stato tra i protagonisti del congresso di Livorno del 1921.

Un segnale di maturità politica il segretario del PCI lo diede nel luglio del 1948: dopo le elezioni dell’aprile e la netta vittoria della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati  centristi, il paese non sembrava affatto tranquillo. Il 14 luglio Antonio Pallante, studente legato all’estrema destra, sparò al leader comunista ferendolo gravemente proprio davanti Montecitorio. Togliatti, non appena gli fu possibile, invitò tutti i militanti del partito a mantenere la calma. In questo modo cessarono le manifestazioni e le proteste che avevano provocato diversi morti e feriti.

I protagonisti della storia del PCI

Negli anni che seguirono il Partito Comunista segnò importanti successi elettorali. Nel 1964, alla morte improvvisa di Togliatti, segretario divenne Luigi Longo, uomo della Resistenza e fedelissimo del leader scomparso. Nel 1969 gli venne affiancato Enrico Berlinguer che divenne segretario nel 1972, rimanendo in carica fino al 1984, quando morì a causa di un ictus che lo colpì durante un comizio a Padova.

Quelli della segreteria di Berlinguer furono anni difficili: l’invasione di Praga da parte dei carri armati sovietici nel 1968 avevano creato parecchi problemi all’interno del Partito che culminarono con la radiazione del gruppo de Il Manifesto; il colpo di stato in Cile nel 1973 spinse il nuovo segretario a cercare un accordo con la Democrazia Cristiana. Il PCI per la prima volta dopo il 1947, entrò nella maggioranza di governo, anche in seguito al rapimento e all’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Proprio sul terrorismo e sull’idea di progresso si consumò la rottura con Bettino Craxi dal 1976 segretario del PSI.

Ma furono anche gli anni in cui il PCI raggiunse i massimi risultati elettorali, conquistando la guida delle grandi città italiane da Milano a Torino da Roma a Napoli, e in cui due suoi illustri rappresentanti, Pietro Ingrao e Nilde Iotti, divennero i presidenti della Camera dei Deputati.

L’unità nazionale fu rotta dopo il deludente risultato delle elezioni del 1979 e soprattutto dopo il terribile terremoto che colpì l’Irpinia: con quella che venne definita la seconda svolta di Salerno, il PCI tornò all’opposizione.

A Berlinguer succedette Alessandro Natta e nel 1988 Achille Occhetto che nel 1989, dopo la caduta del muro di Berlino e la scomparsa dell’Europa dell’Est come l’avevamo conosciuta fino a quel momento, cambiò il nome al partito che divenne negli anni Partito Democratico della Sinistra, Democratici di Sinistra e infine Partito Democratico. Caddero i veti e Massimo D’Alema e Giorgio Napolitano, furono i primi due ex comunisti a diventare rispettivamente Presidente del Consiglio e della Repubblica.

Nata da una scissione, la storia del Partito Comunista Italiano si conclude con un’altra scissione: al momento della nascita del PDS, nel febbraio del 1991, una parte del PCI darà vita a un’altra formazione politica: Rifondazione Comunista.