Gillo Pontecorvo, un uomo di cinema
Gillo Pontecorvo parla in occasione del Festival di Cannes 1998: al centro dei suoi ragionamenti la rinascita del cinema italiano, il mercato cinematografico europeo, il mestiere di regista in Italia e il ruolo delle televisioni in ambito cinematografico.
Il regista pisano ha quasi ottant'anni e ha girato già tutti i suoi sette film. Non tanti ma che comunque lo hanno consacrato come una delle figure più eminenti della cinematografia italiana. Tra i titoli più conosciuti citiamo Kapò, del 1959, La battaglia di Algeri, del 1966, che gli valse il Leone d'oro a Venezia, Queimada, del 1969 e Ogro del 1979.
Pontecorvo è stato anche un documentarista. Oltre al corto che possiamo vedere qui, girato in occasione dei mondiali di calcio del 1990 e dedicato alla città di Udine, ha firmato importanti lavori: da Porta portese del 1954 a Pane e Zolfo del 1956. Ha preso parte ai documentari collettivi L'addio a Berlinguer, girato durante i funerali del segretario del Partito Comunista e Un altro mondo è possibile, in occasione del Genova Social forum del 2001.
C'è un filo che lega tutti i suoi lavori, ed è l'impegno politico, impegno che mostra anche quando, direttore della Mostra del cinema di Venezia, carica che occupò dal 1992 al 1996, invitò il film jugoslavo Tango argentino di Goran Paskaljević, nonostante la Jugoslavia fosse sotto embargo ONU per via delle guerra civile che si combatteva nel paese balcanico.
Nel 2005 gira insieme al figlio Marco il suo ultimo lavoro, un film istituzionale commissionato dall'INPS.
Nel 2017 Istituto Luce Cinecittà ha dedicato a Gillo Pontecorvo una mostra presso il Teatro dei Dioscuri.