“Meditate che questo è stato”

"Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario". Primo Levi nel giorno della Memoria

Dal discorso di Trieste in cui Mussolini annuncia le leggi razziali al processo ad Adolf Eichmann. Nel Giorno della Memoria il monito di Primo Levi accompagna questo speciale viaggio nell’Archivio

Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche liberano il campo di concentramento di Auschwitz. Si trovarono davanti circa 7000 prigionieri ancora in vita in condizioni gravissime sia fisiche che psicologiche, condizioni che segnarono, per molti di loro, il resto della vita.

Il 20 luglio del 2000 il Parlamento italiano approva che in quella data venga istituito il Giorno della memoria: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati“.

Ogni anno, da allora, il 27 gennaio, si celebra il Giorno della memoria. Ed è fondamentale perché come disse Primo Levi e come instancabolmente continua a ricordarci Liliana Segre: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario“.

Nell’Archivio Luce sono pochissimi i documenti dell’era fascista che raccontano la legislazione razziale, come se il regime avesse voluto lasciare questo aspetto della propaganda alla carta stampata.

Suscitano sicuramente inquietudine le parole del Giornale Luce del 1941: “Varsavia ha ripreso il suo aspetto normale. Speciali carrozze tranviarie sono riservate agli ebrei“. Ma sono eccezioni.

La questione ebrea sarà affrontata nei cinegiornali soltanto nel dopoguerra: nel Notiziario Nuova Luce, testata uscita tra il 1945 e il 1947, ci sono due servizi, entrambi del 1946: il primo dedicato a padre Maria Benedetto, che si è fatto promotore dello schedario mondiale dei dispersi europei, e il secondo che ci parla di una scuola per profughi ebrei scampati ai campi di concentramento che si è aperta a Fano.

Lo stato ebraico sorgerà in Palestina, dopo la decisione dell’ONU, e gli ebrei romani festeggiano all’arco di Tito. Intanto molti degli scampati alle persecuzioni lasciano l’Europa diretti verso Israele.

Già dal 1958 però lo spettro dell’antisemitismo torna ad aleggiare sull’Europa: a Roma viene imbrattata la lapide della Sinagoga su cui sono riportati i nomi dei cittadini romani di religione ebraica trucidati dai nazi-fascisti mentre in Germania viene arrestato e processato per direttissima un uomo accusato di aver inneggiato a Hitler in un ristorante di Berlino ovest.

Nel 1960, sempre a Roma si svolge un convegno sull’antisemitismo e nel 1963 viene celebrato il ventennale della rivolta nel ghetto di Varsavia.

Un ultimo servizio, del 1976, racconta di una manifestazione a Roma delle comunità ebraiche che protestano per la scarcerazione, per motivi di salute, del criminale nazista Herbert Kappler, che l’anno successivo riuscì ad evadere dall’ospedale militare del Celio e a tornare in Germania.